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Informatica

JPEG del 35% più piccoli grazie al nuovo algoritmo di Google

Un nuovo algoritmo open-source di Google permette di risparmiare il 35% di spazio con i file JPEG. La sua implementazione però è attualmente poco pratica, ma i risultati assolutamente convincenti

Google ha rivelato i primi dettagli di un nuovo encoder JPEG, chiamato Guetzli, che può ridurre le dimensioni delle immagini fino ad un massimo del 45% senza un evidente degrado nella qualità finale. L'obiettivo della compagnia è rendere il caricamento delle pagine il più rapido possibile in modo da migliorare l'esperienza d'utilizzo (e rendere più piacevoli le sue pubblicità). Con una ricerca la società ha appurato che la stragrande maggioranza delle immagini sul web è in formato JPEG, e queste immagini rappresentano all'incirca i due terzi delle dimensioni dell'intera pagina.

Diminuire le dimensioni delle immagini JPEG è da tempo una missione per la compagnia, che nel 2014 debuttava con un nuovo formato, WebP, che riusciva a ridurre l'impronta sul disco dei contenuti visivi di circa il 10%. La modalità di funzionamento del nuovo Guetzli è simile a quella di Zopfli con i file PNG e gzip, e riprende il vantaggio di poter continuare a sfruttare lo stesso formato e la stessa estensione che da anni è sinonimo di immagini sul web. Del resto sebbene WebP sia utilizzato da alcune realtà, non possiamo dire purtroppo che sia diventato popolare.

Guetzli viene descritto come "Perceptually Guided JPEG Encoder": ottimizza le immagini e poi utilizza un modello di visione umana sviluppato da Google, chiamato Butteraugli, che punta a individuare pattern di compressione tali che il file compresso non sia distinguibile da quello originale per l'occhio umano. Secondo documento redatto da diversi ricercatori, Butteraugli si basa su una metrica "psicovisiva" che prende come riferimento il funzionamento della vista umana. Ad esempio l'occhio umano ha una risoluzione spaziale inferiore nel blu, rispetto a verde e rosso, e il numero di recettori nell'area ad "alta risoluzione" del blu della retina è prossimo allo zero.

Eventuali variazioni di piccola entità nei colori tendenti al blu possono essere calcolate in maniera meno precisa, "errore" che non può essere accettato ad esempio con altre tonalità. Nel documento si legge anche che l'algoritmo fa riferimento al modo in cui il cervello si adatta a quello che recepisce dagli occhi, il tutto con l'unico fine di risparmiare anche quello che sembra il più insignificante kilobyte di dati in eccesso. Guetzli produce quindi una compressione "omogenea" e non occasionale come altri encoder, e non provoca i consueti artefatti JPEG.

Al momento però c'è un problema evidente nell'uso di Guetzli sui siti web. Gli autori del documento ammettono che il suo uso non potrebbe essere così conveniente perché i tempi di elaborazione delle immagini potrebbero controbilanciare il tempo guadagnato nel download delle stesse. In altre parole Guetzli è più pesante da decodificare rispetto ad altre opzioni di compressione JPEG (libjpeg ad esempio), e la sua implementazione ad oggi non porterebbe benefici in termini di tempo. Ma potrebbe essere l'inizio di un nuovo corso nella ricerca sugli algoritmi di compressione.

Gli autori del documento di cui sopra lo sperano vivamente, e infine scrivono: "Nonostante Guetzli sia troppo lento per molti utilizzi pratici, speriamo che possa mostrare la direzione per il futuro della progettazione dei formati di immagine".

http://www.hwupgrade.it/news/web/
jpeg-del-35-piu-piccoli-grazie-al-nuovo-algoritmo-di-google_67740.html

 

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